Tutti quanti vogliono fare jazz.

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Io volevo solo correre. Farlo alle 5 e mezzo del mattino. Farlo godendo l’alba. E la sera volevo andare a mangiare churrasco dai miei amici brasiliani.

La cena è andata come volevo; la corsa all’alba non c’è stata. Tutta colpa di un pianoforte!

Ore 4.20 di un sabato d’estate, mi sveglio lasciando dormire l’appartamento e il quartiere e anche lei che mi sarebbe piaciuto fosse con me.

La mia auto si mette in strada tra lo sbadiglio di alcuni gatti. Trovo la scena molto jazz. Già jazz, quella che cosa che è qualunque cosa altro non è.

E tutti quanti vogliono fare jazz.

Il jazz è quello che mi attende in riva al fiume Noncello, a Pordenone. Alle 5 il pianista Remo Anzovino terrà un concerto, dialogherà con il nuovo giorno che arriva, per ricordare con la propria musica che l’alba è il momento più vicino all’anima. 

Arrivo a Pordenone, parcheggio l’auto. Ascolterò il concerto per la prima mezz’ora, poi andrò a correre, penso. Pensavo. Indossavo i pantaloni della tuta, una felpa e una casacca antivento e una maglietta. Ai piedi le mie Mizuno rosse. L’argine del fiume era già pieno di persone. Pochi con gli occhi assonnati, alcuni per terra come fosse un pic nic, altri in piedi avvolti in una coperta o in un asciugamano da spiaggia. Sigarette, bicchieri di caffè nero bollente. Profumo d’erba. Profumo di acqua di fiume, che all’alba ha un profumo per me inedito, scopro. 

Vedo il pianoforte, scruto l’altra sponda del fiume, dove avrei corso, con un’esclusiva colonna sonora live. Pensavo. 

Poi Remo inizia a suonare e io sono rapito. Rapito da quel modo leggero di avvolgere con le spalle il pianoforte, rapito da come le note scorrano lungo il fiume. Rapito dal pensiero che quella musica stia raggiungendo il mare. Dall’elettricità che più di 2mila persone stanno creando prima che il sole si impossessi del giorno.

Rapito dalle persone che si impossessano del proprio tempo e della propria città, grazie a questa cosa che io penso sia jazz, ma non me ne intendo e quindi forse sbaglio. E la corsa che ero sicuro di iniziare, sono altrettanto sicuro di rinviarla, lasciarla come in pausa, e riprenderla in un altro momento, più in là. Decido di scorrere nella musica, di lasciare che i miei piedi e il mio corpo esultino dentro un’estate iniziata a tinte decisamente jazz.

E tutti quanti vogliono fare jazz. 

La corsa mi perdonerà, con la promessa che la tranquillità e l’energia di questa musica all’alba lungo il fiume saranno con me la prossima volta che correrò.

 

Ciao,

Alberto (@per4piedi)

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