La Transcivetta è una corsa intensa. 23 chilometri, 1.900 metri di dislivello. Boschi, roccia, vento. Da correre obbligatoriamente a coppia: 847 nell’edizione numero 34, corsa domenica 20 luglio. Il mio compagno è stato Andrea Visentin, il Vise, un appassionato trailer, che corre bene e veloce. La Transcivetta non è semplice, specie se alla vigilia il tuo gatto di morde e corri con un corpo antibiotici.
Partiamo dal pregara, quando tutti preoccupati delle condizioni fisiche mi chiedevano se ero sicuro di correre, ma non capivo il perché: io non avevo dubbi. E la corsa mi ha dato ragione. Anche se è stata avventura totale.
Fino a metà gara è stato un magnifico panorama e tanta voglia di fare bene. Nella seconda metà una storia a sé. Per la prima volta ho preso del glucosio liquido, il Vise mi aveva visto stanco e c’era da completare il percorso dopo che in poco più di due ore eravamo arrivati al GPM al rifugio Tissi. E ho scoperto che a me la cosidetta “bomba” non dà energie aggiuntive, anzi mi fa letteralmente esplodere. Sono iniziati crampi e contrazioni involontarie, ovunque, poco prima del rifugio. Per fortuna mi ricordavo qualche nozione di fisiologia dall’università. “Vise devo imbottirmi di acqua”. Avrei dovuto anche fermarmi, ma si sa la fretta è cattiva consigliera e ho iniziato la discesa dopo solo un minuto di break. Due curve e la mia gamba destra si contrae tutta, mentre il Vise zompetta giù come un capriolo. Massaggi, stretching e via, ma niente, si blocca anche la sinistra e mi sdraio sulle rocce. Poi passo dopo passo con qualche allungamento ricomincio a scendere. Davanti a me un concorrente si rompe una caviglia scivolando. Continuo lentamente la discesa, mentre altre persone scendono per avvertire il soccorso alpino. Il VIse intanto continua ad andare avanti e indietro per aspettarmi, ma non mi vede e sente qualcuno che dice: “Povero si è rotto la caviglia”. Panico. Sarà Andrea? Si butta giù verso il Coldai per arrivare al traguardo per avere notizie. Poi si ferma, le pale dell’elicottero in cielo. “Oh mio Dio!”…
Poco più in su invece gli innumerevoli bicchieri d’acqua stavano facendo il loro effetto e le mie gambe piano stavano tornando abili alla corsa, ma del Vise nemmeno l’ombra. Arrivo al Coldai e niente, penso:”Allora sarà poco prima del traguardo ad aspettarmi per finire insieme”. Come se non bastasse ad un km dall’arrivo una ragazza viene presa dai crampi e “da grande esperto della domenica” mi fermo per darle una mano. Al traguardo il Vise è già arrivato e quando mi vede arrivare il suo viso si rilassa, perché nessuno al traguardo sapesse dove fosse il numero 530 suo compagno. 4 ore 3 minuti e spicci… non sono contento, ma va bene così, rimane un’avventura da raccontare, rimangono altri episodi a disposizione della memoria.
Mi rimarrà anche quel bambino che a poco dal Coldai in salita si lamenta con la mamma perché mancano ancora qualche centanaia di metri al rifugio e io girandomi verso di lui “Non ti lamentare noi abbiamo appena fatto 20km!” e la mamma che mi dà ragione. Rimane l’allenamento in vista della 6 rifugi prossimo obiettivo il 3 agosto, rimangono il trail, piacevole variante all’avvicinamento alla doppia maratona del prossimo anno.
Magari un giorno il mio socio Alberto sostituirà il Vise, chissà un giorno…
Ciao,
Andrea
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