La corsa insegna in ogni istante, persino quando riposi. Insegna chi sei davvero, portandoti proprio al centro di te stesso. E lì c’è un po’ tutto.
E la corsa fa questo anche nei momenti in cui tu vorresti soltanto correre, magari rilassato, così tanto per fare.
La prima edizione della Gladiatorium Race ad Oderzo è stato uno di questi istanti per me, che volevo solo correre con il mio costume da gladiatore.
Di corse in costume, o nelle quali correre diventa il veicolo per fare festa, ce ne sono davvero molte. Forse alcune sono anche forzate più dal marketing che dalla passione.
La Gladiatorium Race, circuito di 11 chilometri, da correre con il gonnellino dei gladiatori romani e un gladio di plastica ha il merito di evocare la gloria che Oderzo, comune del trevigiano, aveva raggiunto in epoca romana.
Quindi è un modo fresco per scoprire il territorio e, personalmente, mi auguro che gli organizzatori proseguano nella loro iniziativa, magari con l’aiuto di qualche importate sponsor, che creda nel running anche come mezzo di promozione di realtà turistiche e storiche locali.
La mia corsa dei gladiatori è stata una lotta con me stesso e, per la prima volta, ho avuto la tentazione forte di ritirarmi.
Credo di non aver mai commesso così tanti errori nei primi minuti di una corsa, mai nemmeno all’inizio del mio viaggio nel mondo del correre.
Sulla linea di partenza, un mese dopo la mia prima Maratona, ero rilassato, concentrato, sciolto, pronto a divertirmi.
Poi lo sparo e la foga di buttare tutto in ogni passo. Veloce, assurdamente grintoso.
Al primo chilometro i cicalini di app e cronometri hanno iniziato il loro concerto del primo Maggio.
“A quando andiamo?”, chiede qualcuno alle mie spalle.
“Troppo forte forse, 4 e 26”, gli viene risposto.
Mi volto stupito. A quanto?
Dai Alberto non scherziamo. E mi impongo di rallentare, di trovare il mio ritmo, il mio stile.
Ho riposato poco nell’ultima settimana, sono giornate intense e scivolose, il mio corpo si deve ancora riprendere completamente dalla Maratona. Mi sono riscaldato male. Fa caldo. Io sono lì solo per provare la prima edizione di quella che è una bella festa di sport e cultura.
E mentre penso a queste cose, ho un crampo alla gamba destra.
Finalmente, il mio primo crampo.
E scopro che il crampo è come un granchio che ti stringe il dito, per chi ha provato questa esperienza. Come una frustrata di ortiche. Come il colpo di una sbornia di Long Island.
Insomma, qualcosa così.
L’amico crampo mi prende nel punto del circuito più vicino a dove Andrea ha parcheggiato l’auto.
Perfetto, mi ritiro. Mancano ancora tre giri. Non ce la faccio.
Ma come? Ha finito una Maratona e hai problemi per una decina di chilometri?
Che gladiatore sei?
“Dai dove vatu, sta qua co noialtri”, mi grida un signore corpulento superandomi.
“Ho un crampo.”
“E allora? Fermati, fa un po’ di stretching e parti pian piano.”
Faccio così. Mi fermo qualche secondo, allungo la gamba, il respiro si calma. Riparto. Fa ancora male, duro come un chiodo. Ho sempre problemi nei primi tre km delle mie corse.
Al ristoro una squisita nonnina mi consiglia magnesio e “intanto bevi questo bicchiere di the”.
Mi rilasso, riparto. Trovo la calma, il dolore resta indietro. Inizio a divertirmi. La falcata non è certo buona, forse sembro una papera con gonnellino e gladio romano.
Un blocco muscolare non passa in un istante, ma in un istante ti insegna parecchio.
E il ritmo diventa il mio, trovo pure la velocità e soprattutto di nuovo sorrido di gusto.
Arrivo al traguardo contento, scherzo con il pubblico e il tempo finale è buono!
Che strano mondo è la corsa!
Dei tanti errori che ho commesso nei primi chilometri della Gladiatorium Race il più grande sarebbe stato rinunciare a proseguire.
Che gladiatore sarei stato?
Ave,
Alberto
(@per4piedi)
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