Tu corri. Loro danzano.
L’ideale, la dimensione che ogni runner vuole raggiungere, è riuscire ad addomesticare talmente tanto la corsa da farla diventare una danza.
Addomesticare, come la volpe ne Il Piccolo Principe.
Correvo dentro l’umidità e la penombra, era un allenamento piuttosto buono, con il ritmo naturale suonato da tutto il corpo, quando noto due ombre unite.
Non perdo la concentrazione, ma la curiosità mi porta a spostare lo sguardo, ad approfondire. Una coppia, stretta, poi all’improvviso l’ombra femminile si allontana. L’ombra maschile la riprende per la mano.
La attira a sé e la fa volteggiare, scambiando la posizione. Sono di nuovo uniti.
Lei interrompe quella specie di abbraccio, sembra atterrare sulla Terra da un’altra dimensione, e fa notare all’altra ombra qualcosa circa la posizione delle gambe.
Credo dica che sono fuori asse.
Capisco che stanno danzando. Senza musica, senza un ritmo sonoro.
Mi accorgo la forte intesa tra loro, dovuta al ballo, forse a niente altro.
Da ombre diventano persone.
Miei simili.
Allora penso alla passione per un progetto comune, al sogno da portare a termine, agli applausi da raccogliere, come toccare il confine tra la fatica, quasi fino a non parlare, e l’adrenalina, che ti fa uscire parole fluide.
Penso a quando lo racconteranno alla loro gente.
Penso ai punti di contatto tra danza e corsa e al momento in cui un corridore si rende conto che quello che fa mentre corre è unirsi all’ambiente che attraversa.
E non importano passo, ritmo, velocità. Quello che fa la differenza è lasciarsi andare fino a fondersi con il movimento e il contesto.
Uscire da questa dimensione e atterrare altrove, tra follia e pace.
Ecco, quello è un bel momento.
Alberto (@per4piedi)
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