Competere.

“Anche se non vado veloce, ti andrebbe di correre con me la gara di domenica?”

“Va bene, volentieri. Però chi corre veloce qui?”

Questo dialogo avveniva un annoiato lunedì pomeriggio di inizio settembre. La domenica dopo io e Paolo ci siamo trovati nel gruppone di partenza di una gara speciale.

La prima gara ufficiale di Paolo, di quelle con pettorale, chip, transenne, pubblico, top runner, expo, tappeto colorato negli ultimi cento metri.

Dieci chilometri. Paolo ha 50 anni, un cuore ed una gentilezza grandi così, e questo non è il suo miglior anno. Una serie di vicende che ti possono tappare la voglia di sorridere, specie quando accadono tutte insieme, come in un domino al contrario.

Paolo ha una moglie e tre bambine che, da come me ne parla, sono un punto di partenza e di arrivo

Si è alzato all’alba per essere alla partenza, lo stesso tragitto che farà lunedì mattina in macchina. 

Quindi via. Dieci chilometri. I suoi primi in una gara, i miei in gara dopo un po’ di tempo.

Mi mancava. Tutto. L’atmosfera prima dello sparo, il ristoro finale.

Io e Paolo ci siamo dati un obiettivo temporale, così, per giocare, meno di un’ora. “Non ce la farò.”

“Proviamo.”

  
Ho osservato Paolo durante la corsa, l’espressione che diventava affaticata, lo sguardo che non voleva mollare, la determinazione messa in crisi quando il terreno da asfalto è diventato ghiaino. Lo strano effetto dello spugnaggio. Le braccia che tenevano ampie le spalle per respirare ogni centimetro d’aria. 

Cercare aria fresca è un istinto innato.

“Che strano correre su queste strade, vero?”

“Sembra tutto diverso.”

A ottocento metri dal traguardo Paolo mi chiede se siamo nell’obiettivo. Sì, ampiamente! 

E allora mi chiede di andare avanti.

Espressione stanca e serena. 

Capisco l’esatto pensiero che gli ha preso la mente in quel momento. Vuole finire con se stesso. 

E parto, aumento il ritmo. Sono sciolto. Supero un sacco di concorrenti e mi trovo accanto ad un ragazzone con una barba da vichingo e gli occhiali da surfista.

Intuisco anche il suo pensiero e lui il mio. 

Trecento metri. 

Lanciamo lo sprint ed è bellissimo competere gomito a gomito su corsie parallele, con un perfetto sconosciuto dall’espressione simpatica. A perdifiato, scatenate l’inferno.

Questa volta vinco io. L’Hobbit batte il Vichingo del surf sul traguardo. Che sensazione buffa! Densa. 

Ci diamo il cinque.

Aspetto Paolo. È stanchissimo.

Piange. Sta ridendo.

  
Ciao,

Alberto (@per4piedi)

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