Quanto è lunga una Maratona? Quando dura la sua emozione?Il 2 ottobre del 1988 Gelindo Bordin correva a Seul verso la prima medaglia d’oro azzurra nella Maratona Olimpica.
Ascoltarlo raccontare quel momento riduce quasi la distanza tra questa stanza e lo Stadio olimpico sud coreano. Aiuta anche a comprendere la mentalità vincente che c’è dietro la realizzazione di una leggenda e quanta esperienza c’è dentro un paio di scarpe.
“Il cambio di passo di Salah è stato deciso, impossibile da tenere – ricorda Bordin – Io non ho voluto forzare, mi sono concentrato su ciascuno dei miei metri e ho tenuto il ritmo che quel giorno sentivo di poter sostenere. Se Salah fosse riuscito a mantenere quella accelerazione forsennata avrebbe vinto lui.”
Dunque concentrazione, lucidità e sguardo fisso sull’obiettivo. Però, senza ossessione. Riesce a portare questa formula anche nella carriera di dirigente di Diadora?
“La corsa aiuta a sviluppare la capacità di non distrarsi dall’obiettivo, qualunque questo sia. Nel mondo del lavoro questo si traduce nella capacità di stare sul progetto per un tempo prolungato, e significa anche avere la consapevolezza che le avversità arriveranno, ma non bisogna disperdere la lucidità e l’ottimismo.”
Una tensione alla competizione che proviene da uno sport in solitaria, ma che è utile anche nel gioco di squadra?
“Quando corri sei tu con il tuo allenatore e il massaggiatore. Forse hai talento, ti alleni molto e i risultati positivi vengono se l’impegno resta costante, non improvvisato. Da manager d’azienda è più difficile, poiché ci sono tante sollecitudini, anche diverse tra loro. E realizzare una scarpa di successo dipende davvero da molte cose.”
Quali?
“Lo studio della scarpa, o dell’abbigliamento, deve concentrarsi sulle necessità reali del corridore. Bisogna chiedersi per cosa sarà utilizzata la scarpa, le caratteristiche di chi la utilizzerà, come peso e passo, e su questo si calcolano il grado di ammortizzazione e la stabilità dell’appoggio. E importante è l’aspetto emozionale.”
Cioè le emozioni che una scarpa può suscitare utilizzandola?
“Sì e questo è fondamentale in un mercato caratterizzato da un consumatore che si è evoluto ed è meno competitivo di una volta. Quindi nell’acquisto si cercano confort immediato e leggerezza, magari anche a discapito degli aspetti più tecnici.”
Ad esempio?
“Ad esempio, credo sia importante ricordare che una morbidezza elevata riduce sensibilmente ammortizzazione e stabilità. Ho lavorato per più di 15 anni alla creazione di una scarpa che, fin dalla prima calzata, desse una sensazione di agio complessiva per un passo sicuro e leggero, in allenamento come in gara. Credo che con la Diadora N-6100 abbiamo centrato il risultato. E lo abbiamo fatto studiando come evolvere la suola. Infatti, la quadratura del cerchio è avvenuta con la tecnologia Net Breathing System, in licenza da Geox: la suola a isole garantisce la traspirazione del piede verso l’esterno. E in una Maratona corsa tra le 3 e le 5 ore questo è un elemento fondamentale di confort. Inoltre abbiamo aggiunto allo Shanl alcune soluzioni che garantiscano una maggiore elasticità nella fase di spinta.”
Quanta evoluzione tecnologica c’è attorno alle scarpe da corsa?
“L’evoluzione è stata davvero molta ed è iniziata a metà degli anni ’80 con la ricerca di materiali per una ammortizzazione sempre più performante. La ricerca di stabilità, che ha portato ad esempio al supporto di pronazione, si è sviluppata attorno al ’85. Lo Shank è stato introdotto nelle scarpe da running per la prima volta nel 1994 e fino al 2000 la tendenza era aumentare il differenziale, poi la tendenza è mutata e si sta preferendo la riduzione. E l’innovazione non è certo terminata.”
@per4piedi