Parla in modo fresco Enrico Moretti Polegato. 34 anni, stile informale, ma attento.
Giramondo nello spirito, presidente di Diadora per lavoro.
Sono molte le idee da realizzare alla guida della storica azienda italiana di abbigliamento sportivo e calzature.
Alcune anche molto complesse.
E tutte mi danno l’idea di cercare la risposta a questa domanda:“E’ possibile oggi ricreare quello che Diadora ha rappresentato per lo sport?”
La via scelta è realizzare qualcosa che abbia insieme la forza dell’innovazione e la semplicità della tradizione.
E la centralità dello sport è ovunque nell’azienda di Caerano San Marco, poco distante da Treviso. Il museo Diadora è un album di figurine in tre dimensioni, tra vetro e luci bianche. Ci sono le scarpe di Mennea, di Baggio e Totti, di Ayrton Senna e quelle di Borg. Icone.
In alcuni metri quadrati sfogli chilometri di almanacchi e storie sportive, di quelle che superano le cronache giornalistiche per restare sospese come racconti duraturi. Sono quelle storie che quasi ti fanno dimenticare il risultato finale, meglio pensare alla passione e al sacrificio che i protagonisti hanno dedicato per realizzarle.
“Abbiamo un’identità sportiva che vogliamo riconfermare in ogni momento – dice Enrico Moretti Polegato – tutto è pensato a partire dal prodotto sportivo che è poi declinato nelle altre linee. Ammetto che la nostra ambizione è essere il prodotto per le 24 ore di chi ci indossa. Il relax con le scarpe da passeggio, lo sport con le idee per il running e lo sportwear, il lavoro o situazioni più formali con la linea Heritage. Anche le scarpe che si affacciano al mondo della musica, come quelle realizzate con Skin, nascono da un’ispirazione sportiva.” Per farlo l’azienda veneta, entrata nel 2009 nell’universo Geox, ha scelto di investire su se stessa e sulla professionalità artigianale, innovandola. Credo che si possa spiegare in questo modo la strategia di riportare la produzione dall’estero in Italia. Nessuno strappo veloce, piuttosto una progressione costante: oggi 6 dipendenti producono fino a 90 scarpe al giorno. L’obiettivo è arrivare al 10% della produzione complessiva in 3 – 5 anni. Un piano industriale meditato. “Abbiamo iniziato riattivando macchinari fermi da 15 anni, che richiedono un notevole apporto di artigianalità ed esperienza. L’idea è proporre in chiave contemporanea un prodotto più artigianale che non massificato”, prosegue Moretti Polegato. “Del resto tutto quanto riguarda il mondo Diadora, dalla creazione dei prodotti alle strategie, è in Italia. In azienda produzione, ricerca e sviluppo sono divise solo da una parete.”
A Caerano lavorano attualmente 140 persone, più del doppio rispetto al 2009. Età media: 36 anni. “Cerchiamo di creare uno spirito che coniughi il lavoro di squadra con le singole capacità individuali.” Un’azienda che cerca di innovare il segmento dello sport e del lusso, attraverso prodotti che vogliono essere compagni di viaggio. E viaggiare, fare esperienza, sembra essere un tratto essenziale della personalità Diadora e della formazione personale di Moretti Polegato, come la corsa. “Mi piace molto correre. Mi sveglio presto al mattino e parto. Sia quando sono a casa, a Venezia, sia quando sono in viaggio. Attraversare di corsa le città mostra le cose da un punto di vista inedito. I runner e le persone che incontro lungo le Zattere a Venezia non sono gli stessi che attraversano Parco del Popolo a Shanghai o Central Park a New York. Idee e suggestioni nascono anche da notare le differenze, le particolarità. Correre, così come cucinare, mi serve per pulire i pensieri. E’ una sensazione che mi sorprende sempre. Mi concentro solo su quel gesto. Poi l’adrenalina si scioglie, tu vai e recuperi le energie per ricominciare il viaggio.”
Alberto
@per4piedi
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