Barcellona, un venerdì sera. Una brunetta corre con una scatola di scarpe in mano. Manca un chilometro al traguardo di #MakeItBright di Diadora. E’ l’ultima di 70 staffettisti che hanno viaggiato per i 1.495 chilometri chi ci sono tra Caerano San Marco e Barcellona. Un passamano continuo che ha accorciato una distanza inedita, che ha dimostrato che idee e passione creano risultati concreti. Una staffetta che è un’avventura moderna, tassello di una tradizione sportiva che parte dall’antichità. Chissà cosa sta pensando quella ragazza… Però questa è la fine di questa storia.
L’inizio del nono giorno di corsa ha avuto il volto di Rie, una runner giapponese che vive a Barcellona da anni, dove lavora come Maitre d’at in un ristorante stellato. Rie è partita prestissimo da Platja Canet de Mar: davanti aveva 30 chilometri di lungo mare, spiaggia e palme. Abituata a stare sempre in mezzo a tanta gente, Rie vive la corsa come gesto solitario, una dimensione dove incontra se stessa:“Correre è il mio tempo. Il mio tempo per organizzare i pensieri, schiarire la mente. La cosa che amo di più di questo mio tempo è la sensazione di calma che mi dà.” La curva che Rie ha fatto per entrare a Barcellona, all’altezza di Platja de Vilassar de Mar è stata accompagnata da un’ondata di brividi emozionati.
La realizzazione di un sogno, nato per caso, sviluppato in silenzio, amato anche quando era impossibile da pensare. Rie ha passato la scatola a Blanca, catalana di 38 anni, che da quando corre ha percorso di corsa tutte le strade di Barcellona.
La corsa come guida per conoscere una città è una forma di viaggio davvero particolare. Esplorare dalla prospettiva della corsa una città sconosciuta, nella quale si è appena arrivati, permette di costruire un ricordo che resterà davvero a lungo. Blanca ha lasciato la strada a Judith, accompagnata da Pedro.
Penultima staffetta resa luminosa dal cielo terso, dal sole caldo che ha richiamato in cielo persino alcuni pappagalli. Un anticipo di estate, pieno di stupore, pieno di speranza profumata. E poi c’è lei, la ragazza di inizio racconto.
Si chiama Maria e ha corso l’ultimo chilometro di #MakeItBright: 1.000 metri dritti che per lei hanno un valore enorme, vitale.
Penso a lei. Credo abbia pensato alla vivacità del vento di Barcellona in febbraio, che ti bacia le labbra tanto che se non ci spalmi il burrocacao, te le screpola tutte. Credo abbia pensato divertita agli occhi dei passanti che la guardavano correre nella sua giacca azzurra. A come può essere strana e incasinata la vita, anche se hai solo 22 anni. Al gusto delle tapas, alle partite a beach volley in spiaggia. Alle persone che hanno deciso di andarsene e a quelle che ci sono ancora. Maria corre per tutte loro. Corre soprattutto per se stessa, come gesto di amore incondizionato, perché a volersi bene, a lasciarsi vivere, a scivolare nel presente ci si fa solo del bene.
Credo che Maria abbia pensato a cose come queste mentre affrontava con i suoi piedi sicuri gli ultimi metri di #MakeItBright e consegnava la scatola di scarpe a qualcuno che si ricorderà per sempre di lei.
Questo è stato #MakeItBright, un viaggio nella corsa, senza confini, un piede dopo l’altro, col vento a far l’amore con i pensieri e il sorriso a giocare con il sole. Non l’ho corso, ma l’ho raccontato. E credo che da ora in poi nulla sarà più come prima.
David Bowie ha scritto:“Io non lo so che direzione sto prendendo, ma prometto che non sarà noiosa.”
Ciao,
Alberto
(@per4piedi)