Decido di non correre, semplicemente perché mi sono svegliato e non mi andava.Se la corsa è libertà e sorriso, va bene anche decidere di non andare a correre.
Così ho seguito da bordo strada la Dogi’s Half Marathon, partita e arrivata a Dolo, tra Padova e Venezia, nell’incantevole cornice della riviera del Brenta. E ho incontrato uno dei momenti più belli che la corsa mi abbia regalato fino a questo momento.
Ero all’altezza del decimo chilometro della corsa. I tre top runner del Kenya erano appena transitati. Danzano loro, dietro il vuoto. I due lati della strada sono animati da molte persone. Da queste parti la corsa è un gioco che appassiona. Gruppetti di anziani. Ragazzi divertiti:“Prossimo anno corro anche io.” Signore in bicicletta che chiedono al vigile di poter passare. Bambini che giocano. L’atmosfera è rilassata. Il Brenta scorre tranquillo lungo la carreggiata. Passa il primo concorrente italiano, il primo dei normali dicono alcuni. Lo pensano tutti. Via via arrivano i concorrenti che si divideranno le prime dieci posizioni della classifica finale. Arrivano le due top runner kenyane. Magnifiche.
“Come ti chiami?”, chiede un signore ad un bambino che applaude, seduto sulle ginocchia della mamma.
“Leonardo”, risponde allegro il bimbo pieno di ricci castani.
“Dai Leo applaudi che adesso arriva il papà. Ha la canotta gialla”, gli dice la mamma. Riccia anche lei, con un sorriso sereno come il fiume.
Ecco i pacer dell’ora e venti minuti. “Il papà dovrebbe essere qui.” E invece non c’è.
Il sorriso di Leonardo sparisce.
Mi chiedo dove scappino i sorrisi quando spariscono all’improvviso, quando la realtà che abbiamo davanti cambia, o ci nasce in testa un pensiero triste, che si prende tutta la nostra felicità.
E’ come se il sorriso andasse in uno spazio, dove rimane protetto fino a che non ritorna il momento di sorridere.
Tutte le persone attorno a Leonardo iniziano a guardare la curva da cui sbucano i corridori della Dogi’s, dove il Brenta disegna un’ansa.
Silenzio.
Spunta un puntino giallo fluo. Va veloce. Sembra che l’uomo che indossa quella casacca vistosa sia in ritardo su qualcosa. Sta superando un sacco di persone. Corre forte. Va.
“Ciao, ciao, ciao, sono qui”, urla Leonardo. Eccolo lì, il sorriso è tornato.
“Ciao!”, risponde il suo papà vestito in giallo. “Ci vediamo all’arrivo.” E’ commosso.
“Ho vinto, ho vinto. Mio papà c’è.”
La gente applaude ora. Quanta umanità tra quei ricci.
Oggi non ho corso, ma che momento mi ha regalato la corsa!
Ciao,
Alberto
(@per4piedi)