La finestra è aperta e la luce di un bel crepuscolo colora la stanza.
Mi allaccio le scarpe, sento che l’aria è elettrica. Sarà una bella corsa. E poi sale il vento all’improvviso, la sera si innervosisce e la stanza è spazzata dal vento. I vetri tremano. Ci sono foglie ovunque. Gli antifurto delle auto parcheggiate alternano squilli elettronici e luci lampeggianti.
Va bene, non si va a correre.
Ed è così magnetico tutto questo che resto ad osservarlo. Inizio a fare esercizi di stretching, flessibilità. Respiro.
Mi concentro, ma mantengo gli occhi aperti. Voglio controllare la tranquillità del mio respiro davanti ad un vento che spettina la città e le tira indietro i capelli, con dolce passione.
Correre mi ha mostrato quanto sia importate, a volte persino vitale, saper gestire il respiro.
Persino la Natura non può fare a meno di respirare.
L’aria entra, e sono io, poi esce, sussurrando, e sono io. Gioca a fare le capriole con le viscere, il bacino, scende ai piedi. Rotola salendo lungo la schiena, rimbomba tra polmoni e cuore. Rilassa il collo, le spalle. Distende la testa, rinfresca e srotola i pensieri. Tutto si fa nuovo. Tutto diventa semplicità, leggerezza. Incanto.
Provare queste sensazioni mentre si è in movimento, quando ci si lascia scorrere dentro il mondo e le esperienze, è la via più lineare per stare in contatto con se stessi e con tutto quanto abbiamo attorno.
Fuori tutto si è calmato.
Io sono chiuso in due con i palmi delle mani che stringono il retro delle ginocchia tese. La schiena è flessa, tonica. Tutto respira. Sto sudando e ho una gran fame.
A quel punto la concentrazione viene meno, la pancia brontola.
E con un sorriso vado in cucina, mentre il tramonto si apre verso occidente e lancia ombre arancioni sul cielo di questa parte di mondo.
Ciao,
Alberto
(@per4piedi)