#RuntoNYC ovvero la Passione.

Un pomeriggio d’autunno Romina mescola il suo tè tra il brusio del bar.Mentre soffia via il fumo dalla tazza, mi domanda: “Se ti dicessi che stiamo selezionando 20 ragazze da allenare per correre la prossima Maratona di New York, cosa ne pensi?

Le domande di Romina non sono mai per caso.

“Professioniste?”, dice la mia parte giornalistica.

“No, possono anche partire da zero.”

“Perché fate una cosa così?”, dice la mia parte narrativa.

“Cosa intendi?”

“Beh un’esperienza così non è solo marketing o immagine. Un percorso così cambia la vita alle persone”, dico io.

 E adesso mi chiedo in quel momento cosa stessero facendo e dove fossero Daniela, Eleonora, Emilia, Nicoletta, Raffaella, Debora, Isabella, Giovanna, Martina, Beatrice, Maria, Giorgia, Chiara, Emanuela, Barbara, Giulia, Mirela, Marta, Claudia e Arantza (che si legge Arancia). 

Le vincitrici del concorso #RuntoNYC.


Mesi dopo, il primo sabato assolato dell’anno sono all’interno dell’headquater (quartier generale va bene uguale) di Diadora a Caerano San Marco. Nel vialetto che porta all’ingresso ti trovi le gigantografie di Ayrton Senna, Bjorg Borg, Filippo Inzaghi e Francesco Totti. E Roberto Baggio. E all’interno sei accompagnato verso il coloratissimo show room da tante foto di un bianco e nero narrativo. Sei al centro della storia dello sport. E io mi trovo davanti le donne che hanno vinto #RuntoNYC e che ho ribattezzato “newyorkesi”. Il progetto ha preso corpi e volti. E si veste con l’antivento color rosa che ognuna indossa. Si è già formata la squadra.

 

Il mio ruolo in questo viaggio sarà cercare di raccontare le storie di queste donne e il loro percorso verso il ponte di Verrazzano e Central Park. Big Apple, Tanta Roba.

Le intervisto, una alla volta, penna stilo, carta e note audio nello smartphone. Quelle che non riuscirò oggi, le raggiungerò via email. Però con tutte almeno uno scambio di battute riesco a farlo. E ciò che provo, da questa prospettiva particolare di blogger di corsa, è la più semplice, potente, autentica Passione. Quella che ti porta a piangere per una domanda che forse ha toccato le corde che ti fanno vibrare e subito dopo scoppi in una risata quando ti chiedo: “Parlando di cioccolata: fondente o al latte?”. La Passione che ti fa passare dal pigiama alle scarpette quando fuori la tua città ancora dorme o quando esci per strada e giochi con il vento, l’alba, la pioggia (la grandine addirittura). Il sole. L’asfalto diventa la tela su cui lasciare il tuo segno, in un tempo che è tuo soltanto.

Ti dicono che la Maratona è un’arte marziale. Pretende disciplina. Che è un percorso scientifico, fatto di tabelle fondo lento, medio veloce. Ripetute da mille e cinquecento metri. Che a 120 pulsazioni riesci ancora a parlare (fallo, divertiti). Che a 190 riesci ancora ad imprecare. Tu sai che ti vuoi divertire. 

Quelle venti ragazze per sette mesi, più la Maratona a New York, aggiungeranno alla loro quotidianità una vita da atlete, nella forma più completa dell’immaginario collettivo. Allenamenti in autonomia (la corsa è uno sport singolo) prima o dopo il lavoro. Allenamenti con tutto il gruppo, impostando le loro vacanze su questo: ad Asolo, al Sestriere in agosto nel villaggio olimpico, poi la prova generale durante La Mezza di Treviso, in ottobre. Magari alcune si incontreranno durante questi mesi, a metà strada tra il nord e il sud dell’Italia. E poi via. 

La vertigine al contrario, cioè quella che dal basso dell’asfalto ti porta lassù nello spazio dei sogni. 

Le loro guide saranno Gelindo Bordin e Salvatore Bettiol, cioè la storia del podismo italiano, per rimanere coerenti con lo stile della Casa.

 

E poi ci sono le dediche. “A chi dedichi la tua fatica e il peso di quella medaglia quando te la sarai conquistata?”. 

Il respiro cambia, cambia lo sguardo. 

“A me stessa, a tutta l’energia che metto ogni giorno in ciò che faccio.” “A quel bambino che ho incontrato, ed è merito suo se sono qui. Si chiama Abdu.” “A mio papà che non c’è più e mi diceva, ascolta l’acqua alta.” “A me e a mio marito e ai nostri progetti.” “Alla mia famiglia che sostiene ogni giorno le pazzie che faccio per conciliare tutto.” “A chi ha avuto questa idea che mi permette di essere su quel traguardo.” 

Soprattutto, “Alla donna che ero, che sono e sarò”.

All’ingresso dello showroom c’è una frase:

vorrei invitare i giovani e riflettere su queste parole: la prima è Passione. non c’è vita senza passione e questa la potete cercare solo dentro di voi. non date retta a chi vi vuole influenzare. la passione si può anche trasmettere. guardatevi dentro e lì la troverete”, Roberto Baggio.


In bocca al lupo “newyorkesi” in rosa.

Un abbraccio,

Alberto 

@per4piedi

5 commenti Aggiungi il tuo

  1. Arantza ha detto:

    Bellissimo articolo. Mi sono emozionata anzi sono emozionata dal giorno che ho ricevuto la notizia di essere una delle 20 fortunate.
    Grazie a tutti

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