Dalle marmotte alle capre, con in mezzo le Longane.
Non sono definitivamente naufragato nel mare visionario dell’epica animale (anche se qualcuno dice che assomiglio ad Harry Potter), ma ho iniziato a correre i trail. O, per dire le cose come stanno, mi sono ritrovato iscritto a due corse che prevedono un rapporto con la natura più intenso rispetto alle mie adorate corse su asfalto, marciapiedi, parchi urbani e argini del fiume. Due regali di Daniele, due “mettiti alla prova, che cambiare prospettiva fa bene, basta restare sereni”.
Riguardo al trail un tipico dialogo mio con Daniele è più o meno questo:
Io: “Hai visto queste scarpe da trail? Hanno un sistema di frenata innestato sul tallone e le dita alloggiano in modo da non soffrire in discesa e …”
Lui: “Scarpe da trail? Guarda che devi fare le Longane, mica andare in pellegrinaggio a Campostela.”
Ecco, dunque le Longane. Creature acquatiche femminili, mitiche e mitologiche, talmente imprevedibili che ad Auronzo di Cadore cambiano nome e si chiamano Anguane. A Lozzo di Cadore, invece, Longane.
Vivono in grotte e anfratti rocciosi (i bùs o i sass, insomma). So che sono donne bellissime e molto intelligenti – e io qui mi sono già innamorato – ma i piedi sono quelli delle capre. Che detta così preferisco ancora le marmotte.
Però i piedi ovini sono la metafora per dire che queste donne sono in costante contatto con lo spirito dei boschi. Quindi sono donne di confine, in eterno conflitto tra testa e istinto, e questo conferisce loro il super potere di vedere il futuro.
Quindi, oggi ho capito che una Longana riesce a vedere oltre perché vive con leggerezza, che non è superficialità, piuttosto è guardare le cose dall’alto e superarle con un salto.
Tutto questo tradotto in trail significa che domenica 7 maggio 2017 a Lozzo di Cadore (Belluno) ci sono ad aspettarci 15 chilometri, con 1.100 metri di dislivello positivo che tra mulini di pietra, frane rimaste come sospese, sentieri in sigle track, tipiche baite e chiesette cadorine, lagune in mezzo al bosco portano al misticismo sacro e profano del Peron de le Longane. E se arrivo intero, qui mi fermo a scattare qualche foto e meditare. E poi c’è il sentiero botanico Tita Poa, che sembra un luogo di pace, simile al bosco de Il vento tra i salici di Kenneth Grahame.
Ci sono due salite, di circa un chilometro e mezzo con 300 metri di dislivello. E poi la terza salita: altri 300 metri in sù, ma in 600 metri di sentiero. Se vedete uno che cammina sperando di vedere una Longane, sono io. Lo stesso vale per le discese: ecco per quei tratti spero di aver incontrato una Longana che mi strizza l’occhio.
Farò fatica fino a scoppiare?
E’ probabile, ma ne farei molta di più a rinunciare e questa è una fatica che ti porti addosso per troppo tempo e io ho altre cose da fare poi.
“Ma come fai a fare un romanzo su ogni cosa?”, mi chiede Daniele.
“Hai presente quello che dice: “io non mi alleno, corro”? Ecco, qualcosa così.”
A proposito: chi viene con me?
Ciao Longana,
Alberto
(@per4piedi)
Mi piace il tuo modo di scrivere!
Grazie mille 😊 che piacere iniziare la giornata così! #4piedi