La tua prossima frontiera.

Sai, ho affrontato corse che mi sono rimaste dentro come un quadro di Van Gogh.

Non parlo solo di gare, ma anche di un allenamento che, all’improvviso, diventa diverso dagli altri, perché accade qualcosa che lo rende unico. Lo rende unico per sempre. 

È una sensazione non legata al luogo, alla prestazione o ad una storia che incontro mentre corro. O forse è un misto di tutto questo e anche di qualcos’altro.

La 26 chilometri tra San Martino di Castrozza e Fiera di Primiero è una di queste corse. 


Resterà a lungo come un quadro pieno delle tinte che mi piacciono della corsa, magari messe sulla tela in modo inaspettato, non previsto, sregolato, come cercare un buon ristorante, la sera prima della gara, per mangiare in piena estate qualcosa che ricorda l’inverno. In montagna capita. O svegliarmi con una notizia che non mi ha fatto stare tranquillo, ma che ho dovuto mettere per un momento da parte. La montagna non è il mio ambiente, lo sai, e quindi ho dovuto concentrarmi ancora di più sul presente per godermi il viaggio. Correre ti addestra a questo. E poi avevamo una serie di obiettivi da conquistare. Piccoli o grandi, non importa da vero. Obiettivi logici per tutti o semplici soddisfazioni personali, che non si possono spiegare. 

La partenza carichi come delle molle, sotto lo sguardo delle Pale di San Martino, che suggeriscono di andare lentamente. Senza strappi. Senza forzare. Perché il tempo è qualcosa che in montagna si annulla. Lassù non c’è la strada, non c’è la traiettoria ideale nelle curve o la regolarità del ritmo. E allora l’energia va distribuita, sorniona come gli animali che di certo ti seguono da dietro gli alberi. Nascosti dall’istinto.

Le tinte che mi piacciono sono quelle della prima salita, che hai completato senza camminare mai. C’era il fiatone, c’era l’accaldato battito del cuore. C’era un limite da sfatare: la salita non fa per me, non ancora. E invece. 


La montagna ti sfida e non ha fretta. Sulla strada corri e basta. In un trail a volte devi camminare. Il percorso sale, gradini di radici degli alberi. Nemmeno loro hanno fretta. Non molliamo un momento, perché ogni corsa è una sfida con se stessi. E questo lo sappiamo entrambi. Ogni corsa è scavarsi un po’ dentro. È svelare forze e debolezze. È un dono. 


Come il lago di Calaita. Che appare laggiù, poi è sempre più ampio, sempre più profondo. Sempre più tranquillo. Assomiglia sempre più al tuo respiro. 

Quanto ti senti un tutt’uno con la Natura, c’è qualcosa dentro che si scioglie e si rafforza. E intanto i piedi vanno, gli occhi proteggono ogni passo, poiché nel chilometro di sassi sconnessi occhi e piedi devono essere una cosa sola. E visto che non è una gara, ci si può anche fermare e ridere dentro ad una foto. Non si fa! Chi lo ha detto? 

Inizia la discesa. Il mio limite. Io in discesa non vedo bene le distanze. Perdo l’equilibrio, ho paura. Eppure oggi non mollo. Oggi ho deciso che vado fino in fondo, perché abbiamo deciso che al traguardo ci arriviamo insieme. Tu in discesa vai rapida. Sembra che ogni tuo passo conosca il futuro breve della pendenza che scende.

Dicevano che questo percorso fosse tutto in discesa. No, è un costante su e giù, con le Dolomiti che appaiono, rubano spazio al cielo, prendono posto dentro gli occhi. L’aria sa di resina, di funghi, di aghi di pino. Qui non ci sono spugnaggi, ci sono i ruscelli. 

E poi. Chilometro 16, ne mancano dieci. Ho studiato il tracciato. È qui che bisogna cambiare se vogliamo raggiungere un altro obiettivo. Il bosco sale, molto. C’è un tratto in cemento che attraversa alcune case. 

Non lo sai, ma tra poco mi girerò, ti guarderò in faccia e cercherò di capire quante energie hai ancora nel corpo e quanta ne avrai nella testa all’ultimo chilometro. Mi hanno suggerito di fare così e di prendermi la responsabilità di alzarmi come un ciclista sui pedali se credo tu sia pronta. 

Mi volto, sembra quasi tu capisca. È un istante di pochi passi. 

Poi i miei due piedi cambiano ritmo e i tuoi rispondono. Ho deciso anche per te, e tu non lo sai. E ti sto chiedendo molto.

Il bosco ci attira, il dislivello inizia a variare di continuo. Ora è il momento della concentrazione e del cuore nelle scarpe. Giù, seguiamo la pendenza. Attenzione. Su, recupera, mani più basse. Il tuo respiro è sempre più regolare in salita. Il mio sguardo è preciso in discesa.

E poi una radice mi toglie l’appoggio. La caviglia sinistra cede e capisco di fare un salto imprevedibile per non cadere. Atterro e non sento il piede. “Tu vai, non fermarti. Non è nulla.”

Mi tocco la caviglia e decido di proseguire. La montagna sarà generosa con chi è leale con lei. Accelero. Non mi importa più della discesa. È un confine da superare. 

Ti raggiungo e proseguiamo. Manca sempre meno e un altro obiettivo sta maturando. “Siamo a 22, non ho mai corso così a lungo.“, dici.

Ecco, la tua frontiera. Dopo è un mondo tutto nuovo. 

Adesso sarà durissima. Eppure si va. Si va. Indietro non ci guardiamo. Perché la corsa è uno sport che non prevede ripensamenti. Piuttosto una strategia per bilanciare ciò che siamo, mentre andiamo oltre la frontiera.

Mancano due chilometri e “Non mi mollare adesso. Andiamo fino in fondo.”

Quando vedo il traguardo sono contento. Perché fino a qui ti ho accompagnato e tu sorridi. Sei stanca, so cosa stai provando mentre pensi che per arrivare alla fine di una Maratona manca ancora tanto di più. Eppure ti accorgi che stai facendo ciò che sembrava un’utopia

I limiti, i confini, la salita, la discesa diventano all’improvviso elementi del quadro, colori necessari uniti dal sorriso che ci scambiamo dopo l’arrivo

Non c’è nessuna foto del volto che hai in quel momento, ma credo la ricorderò a lungo.

La medaglia è fatta di legno, il materiale più semplice che ci sia. È una delle medaglie più preziose che avrai. Sorridi e vanne fiera.


Se ti ritrovi in queste parole, se ci rivedremo, tu abbracciami e raccontami come è stata la tua prossima frontiera.

Ciao,

Alberto

(@per4piedi)

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Martina ha detto:

    Mi hai fatto emozionare,sembrava stessi raccontando la mia gara,il mio limite….grazie di cuore…..mi sembra di aver trovato qualcuno che silenziosamente ha ascoltato i miei pensieri durante quei miei primissimi 26 km…ora avanti verso il sogno…Martina.

    1. albertorosa22 ha detto:

      Ciao Martina, che belle le tue parole, grazie per il commento. Complimenti per questi primi 26 km e avanti verso il tuo sogno, ovunque ti porterà.
      Ciao, Alberto #4piedi

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