Ho incontrato Daniele Meucci all’expo de La Mezza di Treviso, nel 2015. Per me quella è stata un’edizione piena di dialoghi con persone incontrate prima, dopo e durante la gara.
Daniele indossava una felpa tinta unita ed un paio di pantaloni mimetici. Ho avuto modo di chiacchierare con lui per una quindicina di minuti, sufficienti per scorgere una personalità semplice, diretta e, insieme, riservata. Quasi schiva, come quando ti metti la mano sulla fronte per ripararti dai riflessi del sole.
Credo che Daniele incarni molto bene la mia idea di Maratoneta Farfalla.
La farfalla è una creatura che mi piace un sacco, soprattutto perché, per sua natura, si sa adattare al cambiamento in modo totale, senza perdere la leggerezza del proprio volo. Ma guai a sfiorare quella leggerezza, a cambiare la chimica del ritmo delle ali veloci e resistenti.
Nel mio personale immaginario, la farfalla simboleggia chi ha un obiettivo, ed è tutto teso verso quella meta, e sa che il risultato finale dipende anche dalla capacità di far maturare l’equilibrio necessario sia per arrivare al traguardo sia per godersi tutto ciò che fa parte del percorso per arrivare fino in fondo.
Ecco, senza voler fare letture personali di una carriera sportiva ancora in pieno corso, credo che Daniele Meucci sia arrivato al massimo di quell’equilibrio nell’oro degli Europei di Maratona a Zurigo, nel 2014. Quanto è stata bella quella gara.
Poi qualcosa ha sfiorato qualcosa, e sembra che le certezze siano scivolate di qualche centimetro fuori rotta, il ponte tra gli equilibri abbia iniziato ad abbassarsi.
A Pechino, ai Mondiali del 2015, qualcosa non va, il finale è incerto. Poi non finisce la Maratona di New York.
Agosto 2016, Rio. La Maratona olimpica dell’azzurro dura una manciata di chilometri: il ponte ha ceduto e la crepa si è aperta in una frattura da stress al piede.
Quando si incontra un ponte caduto è molto semplice in fondo.
Ci sono solo due strade: o ci si ferma, si ricostruisce prima e si proseguire poi oppure si lascia stare e si cambia strada.
Si decide di fare altro.
Di essere altro.
Daniele ha deciso di rimettersi in piedi, in silenzio.
Ha cambiato panorami di allenamento, dal Kenya è passato all’Eritrea. Metodo di preparazione, più adeguato a lui. A lui come è ora.
Va a Rimini, corre la Maratona con lo scopo di realizzare il tempo, contenuto, per accedere ai Mondiali di Londra 2017. Quasi non lo dice in giro.
Il presente, conta solo questo.
Ecco: agosto 2017, Londra. È passato un anno della Maratona di Rio.
L’amaro dentro è alle spalle?
Perché, in fondo, nella camera d’albergo che lo ha ospitato, la notte prima dei Mondiali, la domanda che ronzava tra l’aria condiziona e le luci della metropoli inglese era questa. E un’altra, ancora più definitiva, personalissima: Sono ancora capace di correre una Maratona internazionale?
Poi, la gara. Finalmente. E l’intelligenza tattica, e la forza che, in una Maratona, significa resistenza, ascoltare le sensazioni del corpo, ingannare la mente quando la fatica ti strappa indietro gli angoli della bocca. Significa applicare l’esperienza. Tradotto: non rispondere agli attacchi degli atleti africani, cercare la serenità del proprio correre in mezzo ai cambi di direzione del tracciato londinese, al vento contro, alla solitudine del Maratoneta Farfalla quando si trova a correre un lungo tratto da solo.
E poi il traguardo, le linee gialle sotto il Tower Bridge, sono due, il traguardo è dopo la seconda, e la schiena del keniano sempre più vicina. Daniele è sesto, la canottiera dell’avversario a dieci metri. Si aggrappa all’orgoglio, caricato a molla da un anno di cambiamenti, di sofferenze, di dubbi. Il keniano deve essere preso e il campione Europeo spinge dentro ai piedi e alle scarpe per uno sprint spalla a spalla lungo la passerella colorata dei 195 metri finali della Maratona. Quel centimetro visto dal fotofinish a gara terminata è il solco tra un sesto e il quinto posto mondiale.
E poi le lacrime, le parole di uomo che sa di essere tornato, “Non sapevo se avrei corso ancora la Maratona, qualcuno ha creduto in me ogni giorno e oggi sono qui a correre come piace a me.”
Prima ancora della corsa, credo che Daniele abbia ritrovato se stesso, dentro la consapevolezza del cambiamento in corso. E’ un nuovo punto di partenza, il risultato segue.
Bravo Daniele, bentornato.
Alberto
(@per4piedi)