Il tramonto sopra il Sestriere è accompagnato dalle funivie che proseguono, per tutto il giorno, la loro corsa infinita. Un telaio, tra cielo e montagna, che ricama i destini degli atleti che di qui passano. Non so cosa significhi essere un “atleta”, non credo ci sia un’etichetta per definirlo completamente. Però so che quando arrivi al Villaggio Olimpico del Sestriere, provi tutte le sensazioni che hai sempre pensato che un atleta vero possa provare.
Lo vedo negli occhi delle ragazze di #RuntoNYC, che raccontano un misto di disorientamento ed esaltazione. Per loro, questo lunedì non è uno dei tanti lunedì.
Questo è il primo giorno della squadra riunita al Sestriere.
Il loro viaggio è iniziato a fine marzo, tra il quartier generale di Diadora a Caerano San Marco e le colline trevigiane, verso Asolo.
I 2.035 metri di altezza del Sestriere rappresentano una tappa fondamentale del percorso che avrà il suo apice da qualche parte laggiù, oltre l’orizzonte di un Oceano che protegge nuova terra ferma.
New York è la meta, ma per gustare la Maratona della Grande Mela, morso dopo morso, bisogna procedere per passi.
Progressivi, costanti. Inesorabili.
“Tu sei il frutto del tuo lavoro”, dice ognuno di quei passi.
Lungo la via principale di Sestriere, si alza un cartello di legno. Indica la direzione e i chilometri tra qui e le città che hanno ospitato i Giochi Olimpici invernali, da Cortina nel 1944 ai prossimi, tra un anno, a Pyeongchang in Corea del Sud, 9183 chilometri da questa montagna piemontese, scenario delle Olimpiadi del 2006.
La Maratona non è uno scherzo e le “newyorkesi” lo sanno. E sanno anche riderci sopra.
Se affronti le cose con il sorriso, riesci ad accettare anche la fatica più dura, un passo per volta. In mezzo ad ogni passo, c’è lo spazio di tanto lavoro, in silenzio, lontano da tutto, talvolta anche da se stesse.
Una foto che passa distratta sui social permette solo di sbirciarlo, quello spazio.
Ma mai nessun social, dove tutto sembra scontato, immediato, riuscirà a camuffare il sudore, lo sforzo, la dedizione, la passione necessari per arrivare a mordere la Grande Mela.
Ho scoperto che a tutti capita di sentirsi a casa propria a New York. Non ci sono mai stato e sono sorpreso. Forse deriva dal fatto che la città è frutto e figlia dell’immigrazione, e nei momenti più inaspettati può metterti davanti un particolare che ti ricorda casa. Nella sua frenesia, nei suoi contrasti c’è forse un’eco di un viaggio che è iniziato molto tempo prima.
Durante la Maratona di New York, il pubblico non ti abbandona mai e il chiasso si trasforma presto in una sensazione fisica che ti spreme l’anima. Un toro in carica che vedi arrivare a pochi centimetri del petto. Vita nuova che entra nella tua. E poi c’è un tratto, dentro il quartiere ebraico, dove il pubblico si zittisce e senti solo il ritmo dei passi sull’asfalto. Un miglio esatto, the silent mile, lo chiamano. Si conclude con una curva e dietro la curva suona già l’orchestra sinfonica di uno dei più grandi teatri del mondo. E il fragore riprende. Ecco la frenesia di New York, ecco il suo contrasto.
Credo che le ragazze di #RuntoNYC tutto questo lo percepiscano già e la loro consapevolezza aumenti giorno dopo giorno, con tutto lo strascico di sogni e timori che dà affrontare un viaggio lungo 42 chilometri e 195 metri più tutti i mesi che ci sono stati prima.
E il Sestriere, per questa settimana, custodirà ogni respiro, ogni sguardo, ogni goccia del loro sorriso.
Buonanotte ragazze, domani si corre.
Alberto
(@per4piedi)
Buon allenamento!