Se è stata definita la Prova Masai un motivo c’era.
Lo scenario lunare e selvaggio dell’altavia Gelindo Bordin ha riservato tanta, tanta fatica, alle ragazze di #RuntoNYC di Diadora, arrivate al quinto e ultimo giorno di allenamento tra le montagne attorno al Sestriere.
La Prova Masai è stata qualcosa di gigantesco: 3 ore di corsa a 2.400 metri, con salita solida ed impietosa e il vento forte che trasforma il terreno in sbuffi di polvere che ti vengono contro. La gola si secca in fretta e quando la lingua si appiccica al palato, ormai è troppo tardi per bere. Di fronte ad un allenamento come questo bisogna arrivare nutriti e ben idratati. Bisogna arrivare pronti di testa per gestire il proprio corpo mentre passa tra chilometri che sembrano non voler finire mai. E se chiedi quanti ne mancano, l’unica risposta giusta è: “Ne mancano ancora abbastanza.”
La prima regola è partire piano. Ma talmente piano che, mentre corri, il mantra che rimbalza in testa deve essere “voglio avanzare lentamente”. Devi diventare tu stessa il suono che fa il vocabolo “lentamente”. Al di là dei chilometri corsi oggi, del tempo, delle vertigini che accetti e piano sconfiggi, della schiena sudata, bruciata dal sole. Al di là del fatto che oggi sia andata benissimo oppure sia stato l’inferno in altitudine, quello che sai di chiudere nello zaino, accanto alle Blushield impolverate e alla maglietta che più sudata non potrebbe essere, è l’esperienza.
Mille pacchi gara non potrebbero mai contenere un’esperienza così. Ognuno deve trovare il proprio ritmo nel presente, passo per passo. Farsi prendere per mano dal momento che passa sotto le scarpe e ascoltare ciò che il viaggio ti sta dicendo. E quello che dice a te, non è la stessa cosa che dice a me. (Stiamo davvero parlando solo di corsa?).
Questa esperienza chiamata Sestriere ha ricordato una cosa su tutte: la Maratona è un viaggio epico.
#RuntoNYC è uno sforzo che diventa sogno, che diventa fatica, che brucia grassi e zuccheri, e fibre muscolari, che diventano sudore e battiti, che diventano bile e sudore, che diventeranno le strade del Bronx e di Manhattan, e il su e giù di Central Park. Mancano ancora quattro chilometri al traguardo quando avrai finito Central Park. A quattro chilometri dalla fine la Maratona è ancora lunga. Più o meno come la salita per raggiungere il capolinea della corsa a 2.400 metri sul livello del mare. Non so se la Prova Masai abbia simulato completamente la Maratona dall’altra parte dell’Oceano, ma ha insegnato che per sentire al collo il peso della medaglia di New York, per sentire dentro di te l’adrenalina e i brividi di quel momento, per riempire il corpo all’altezza del cuore, non bisogna avere fretta, bisogna godersi il percorso e volersi bene davvero. E ricercare dentro la fatica quella cosa chiamata Felicità.
Alberto
(@per4piedi)