E poi capita che una corsetta semplice, per sciogliere le gambe e godere di uno spicchio di sole (pallido) in mezzo all’inverno, diventi un trail urbano improvvisato.
Complici un cancello aperto, che di solito è chiuso, e la voglia di provare le nuove Blushield Fly di Diadora.
La molla è spesso la curiosità.
Le colline attorno a Conegliano, quelle dove nasce il prosecco, sono un’ottima palestra per chi cammina, va in bicicletta o corre. Un misto di salite, che si alzano in progressione, e discese per far andare veloci le gambe. Attorno quella natura dolcissima ed aspra, che mi cresce dentro ogni volta che sono lontano.
È questione di radici piantate per terra e di rami puntati al cielo.
La collina inizia a salire già dal centro della città, che rimane alle spalle seguendo la linea delle mura di mattoni di epoche passate. È molto tempo che non scalo questi pendii, dove la natura si sta riposando e prende la carica verso la primavera. Qui impari in fretta a sincronizzare respiro ed oscillazione delle braccia, ritmo del cuore e forza delle gambe. I piedi lavorano bene, le scarpe sono reattive. Il risultato è che mi diverto.
La strada sale fino all’osteria della Guizza, poi svolta e ritorna verso il paese.
Il cielo ha strappi color malva e arancio, le giornate iniziano ad allungarsi. C’è anche un bel vento fresco, che chiede solo di lasciarmi andare. Giù, veloce, spingendo con tutto. Rinascita di corpo e testa. L’istinto scalcia. La campagna selvatica esulta. Sembra dica: “Bentornato, bello rivederti.”
E Conegliano riappare. Mi accolgono il pavè, i gradini di sassi e gli affreschi dei palazzi. La strada più corta per tornare a casa mi farebbe attraversare il centro storico, lungo una via di sanpietrini e locali.
Non so quale sia il motivo, ma scelgo di risalire, in mezzo a viuzze e vicoli. Alla fine di una veloce scalinata di pietra, vedo con sorpresa che il cancello del convento di San Francesco è aperto.
Entro in punta di piedi, rispetto il silenzio. Credo di non esserci mai stato prima. Raggiungo il chiostro, accompagnato dal vento che è sceso con me dalla collina. La sera non ha ancora voglia di arrivare. Resto ad ascoltare il mio respiro per un tempo che il gps che porto al polso non registrerà.
Si sta bene qui.
Ritorno fuori e percorro saltellando le scale. Guardo negli occhi i tetti delle case e del campanile del Duomo. Sento che la via si sta animando. Da queste parti si festeggia spesso.
Voglio completare questa corsa con una volata decisa. Riparto grintoso, il cuore rimbalza, io rido. Una signora mi dice:”Bravo!”.
Le sorrido.
Sto facendo qualcosa che mi fa stare bene.
Esco dalla città vecchia e supero le macchine che attendono il verde del semaforo.
Ultimo rettilineo, lì una volta c’era un supermercato.
Ultima curva: piego il corpo di lato rallentando appena e poi affondo i piedi contro l’asfalto, fino ad una scritta per terra, che segna l’arrivo delle mie corse.
Nel cortile del condominio incontro Ikba, un ragazzino nigeriano, che abita a Conegliano da qualche anno con la sua famiglia.
Sta calciando un pallone contro un muro.
Gli chiedo se calcia meglio di destro o di sinistro.
Ikba stoppa il pallone al volo con il destro e me lo passa con un tiro secco di sinistro. Iniziamo a passarci la palla.
Erano anni che non giocavo a pallone in cortile.
(Tranquilli, le scarpe da corsa nuove hanno retto bene anche questa prova).
Ciao,
Alberto
@per4piedi
Bellissimo articolo!
Mi hai fatto venir voglia di andare a correre nonostante il freddo e la mia proverbiale pigrizia!
Grazie…