Raffaella è una guerriera. Di quelle che guardano in faccia l’ostacolo del momento, senza staccare gli occhi dell’obiettivo finale. A settembre si sposa con Vincenzo (stessa pasta da guerriero) e ha voluto correre l’ultima Maratona da nubile, per poi iniziare un nuovo capitolo della sua storia, umana e sportiva. Tra l’altro, era anche il suo compleanno. Cose da runner. Ha corso la Maratona di Roma, da sola, perché il destino ha voluto che suo fratello Michele fosse in un’altra griglia di partenza. E in mezzo alla gran folla, i fili si perdono. Dunque, scarpe ai piedi, si è lasciata correre.Giusto così, credo io. Poi Raffaella si è trovata davanti ad un foglio bianco, ancora da sola, e si è lasciata scorrere. Mi ha raccontato la sua Maratona di Roma.
Senza filtri.
___
Un compleanno di 48 ore.
Una persona alla quale tengo molto mi ha fatto i suoi auguri, dicendomi: “il tuo compleanno durerà 48 ore!” Forse era vero, in realtà è iniziato al traguardo di Roma!
Roma mi mette sempre soggezione: riemergi dal sottosuolo della metro e ti trovi in faccia il Colosseo, possente come non mai e pensi: chi la spunterà tra te e me? Perché, quando lo sfidi, al Colosseo può dare del tu.La sera prima della Maratona l’ho vissuta tra mille attenzioni, pastasciutta in bianco, petto di pollo, la notte insonne di ansia, che ti tiene incollato alla sveglia, come sospesa.
L’alba.
La Maratona è una grande sfida. Non hai pensieri che per te stesso: quando inchiodi il pettorale alla canotta e allacci le scarpette con il doppio nodo, sai che è davvero arrivato il momento.Io poi ho un vezzo: faccio scivolare il rossetto sulle labbra. Rosso. E’ una cerniera lampo su di me, l’ultimo pezzo di un’armatura pronta a combattere. Da quell’istante, sono solo presente. Entro in griglia, mio fratello è da un’altra parte. Sono sola, non importa. Siamo legati da un sottile filo.Con me c’è il mio infortunio. Lo sento pulsare su corpo, mente e cuore, e con lui la musica del Gladiatore è iniziata: sono nel bagno di folla e guardo in un istante tutti i runner intorno a me. Ognuno si trova qui per un motivo.
Il mio qual è?
So di non stare bene, ma sono qui per dimostrare a me stessa che, nonostante un anno in più ed una condizione fisica non brillante, io posso farcela.Sono qui per non deludere me stessa. Ecco il mio motivo.
Uno è nella corsa come nella Vita. Punto.
Poi senti lo sparo.
Ho gli occhi chiusi, sto colpendo con forza le mie gambe: “Sostenetemi!”. Sento il sale di qualche lacrima disegnarmi le labbra, è la mia ultima Maratona da nubile, sono emozionata. Immagino Vincenzo tra il pubblico.Ogni pensiero si spegne con lo sparo dello start.
Apro gli occhi, sola, in mezzo a migliaia di persone.Primi chilometri. Respiro regolare, sorriso smagliante, inizio a pensare di star bene, inizio a credere di non avere alcun problema. Media 5.08 e tanta voglia di correre. Ho una gran voglia di asfaltare Roma. Il caldo inizia a farsi sentire: 25 gradi, li avverto in ogni angolo del corpo. Ma l’entusiasmo è come un fuoco che mi arde addosso.Incontro i primi bimbi che ti battono il cinque. Come New York, la mia ultima Maratona, dove Vincenzo mi ha chiesto di sposarlo.Due runner mi sorridono ed io: “Bellissimi, ti tolgono circa 10 secondi al km!”“Dovrebbero snodarsi per tutto il percorso!”, dice lei.“Andate a New York allora, lì i sogni si avverano!”“Io sono in cura per un cancro, la senti la mia voce?”, dice.“Allora New York sarà il tuo obiettivo, il tuo stimolo alla vita! Vacci, mi raccomando!”Si asciuga una lacrima e mi fa un cenno di saluto con la mano. Sono certa che ci andrà.Continuo a correre, ancora sola, mi godo i particolari e le buche. Troppe.
Vincenzo.
Mi avvicino a due ragazzi che hanno il mio stesso passo, un saluto, diventiamo amici. Carmine e Daniele (saranno davvero i loro nomi?).Mi chiedono se possono scortarmi, visto lo stuolo di fan alle mie spalle. Rispondo che ho un solo fan e mi aspettava all’arrivo! Ed è proprio in quel momento, al km 17, che vedo un ragazzo che gli somiglia. No, proprio lui! Vincenzo è sul percorso, ha scavalcato le transenne, telefonino in mano verso di me. Mi bacia. “Sei bravissima, stai benissimo ed io sono orgoglioso di te!”.Ecco, emozione alle stelle. Sparisce persino Roma.“Ti amo, ma sei un pazzo! Vedi che devi uscire subito da qui!”I miei accompagnatori si riavvicinano e mi dicono di essersi emozionati nel vederlo.
Chi volevi asfaltare tu?
A suon di risate e ristori arriviamo al km 25 e qualcosa inizia a non andare. Sapete già come prosegue, vero? L’orologio parla sghignazza. 5.35-5.40-5.55-6.00. Signori, benzina finita, con 16 chilometri davanti. Abbastanza.Carmine e Daniele mi dicono che non andranno via senza di me, ma pian piano, senza salutarmi, tengono il loro passo, abbandonano il mio. Nella corsa è così, ci si lascia correndo, non ci si saluta con la speranza di una ripresa, anche se si sa per certo che non ci sarà. Ho le gambe bloccate, il respiro affannoso. Ho una gran voglia di fermarmi. Rallento. Cammino. Mi ritiro. Roma mi chiede: “Chi volevi asfaltare tu?”. Mi parlo: “Che cazzo stai facendo? Cioè indossi una canotta con sopra il nome da una donna che ha lottato fino alla fine dei suoi giorni e vuoi abbandonarti qui, per due gambe di legno?!”
Penso a come mi sentivo quando mi sono tatuata la R con le due ali, promettendomi di farcela sempre.
Ecco, ora posso continuare.
Arrivano spugnaggi, ristori, tanto la situazione non cambia.
5000 metri.
Al chilometro 37 sono disidratata, la lingua attaccata al palato, non riesco a parlare. E incontro di nuovo Vincenzo. Ha nuovamente scavalcato le transenne per vedermi, stavolta la scena è diversa: non sorrido, non gli parlo, sono bianca. Mi basta sentirgli dire qualche parola per scoppiare in lacrime. Mi metto la mano sul viso per evitare che le mie lacrime diventino singhiozzi e, prima di andare oltre, lo guardo negli occhi. In silenzio gli dico: “Tranquillo tesoro, aspettami al traguardo. Scusami se non mi volto indietro per salutarti, non ne ho la forza. Sappi che ci ritroveremo in un abbraccio, dove ti mostrerò orgogliosa la mia medaglia.”Mancano 5000 metri. Vedo gente che si ferma, alcuni non stanno bene. Si sentono ambulanze. Ma non è questo lo scenario che mi appartiene.
La mia scena finale sarebbe stata l’arrivo al traguardo, con le braccia al cielo.
Il mio obiettivo non è cambiato, è cambiato solo il tempo che avrei impiegato per raggiungerlo.
2000 metri.
Mancano 2000 metri e, con la poca lucidità rimasta, mi accorgo di un mio ex compagno di squadra, una persona con cui non parlo da tempo. Roma lo sta costringendo in ginocchio. Posso passarlo, prendermi una mia rivincita personale, ma lo sprono a seguirmi. Scuote la testa e mi chiede di lasciar perdere, ma dopo un po’ è accanto a me.Per quella lunghissima passerella camminiamo senza parlare e senza guardarci. Solo fianco a fianco.Eccolo il traguardo, è mio.
Avverto che le mie braccia salgono lente al cielo.
Roma 2018, uno sforzo sovrumano. La Maratona mi ha domata, oggi ha vinto Lei.Sento il bip dell’orologio: 3 ore 52 e 39. Lo stesso tempo della prima Maratona a Firenze.
E’ un cerchio che si chiude da sola ed uno nuovo che si apre con Vincenzo e con il matrimonio che ci aspetta. Ecco, il gladiatore di Roma sono io. Ora posso festeggiare il mio trentacinquesimo compleanno.
Raffaella.____
Alberto,
@per4piedi