Chissà a cosa pensavano i Fenici quando hanno fondato Bithia, che poi è diventata Chia, nella Sardegna del Sud.
Mi piace il suono di queste tre parole insieme, Sardegna-del-Sud.
È una melodia veloce da territorio di confine, da laguna dove il vento fa a pugni con gli scogli, lascia e prende quello che deve, fa il giro e riparte.
Scopro che il vento della Sardegna porta dentro tanti sapori diversi. È la mia prima volta sull’Isola e i sensi mi sembrano amplificati. La Natura fa il resto. Gli eventi sportivi della Chia Sport Week fanno il resto.
C’è la Granfondo di ciclismo, c’è il Triathlon, c’è la mezza Maratona.
Sport e territorio, sport è Territorio.
Ci sono le spiagge di sabbia simile al pan grattato, che le raggiungi scalando le dune e sfidando le scogliere in infradito o a piedi nudi. Pazzo! Vivo, suona meglio.
Lassù ci guarda il faro di Capo Spartivento. Lo raggiungiamo di corsa, tanto alla mezza di salita ne faremo tanta. Bisogna allenarsi, che significa abituarsi al terreno, addomesticarmi alle caratteristiche di questo spicchio di Sardegna. Spartivento, lo dice il nome. Ovunque ti sposti, il vento arriva prima di te. E con lui i balestrucci, le rondini, uccelli migratori.
E arriva l’odore del selvatico di questa vegetazione, tanto diversa da quella che circonda casa mia, tanto uguale a qualcosa che ho dentro e che mi fa sentire a casa. Per arrivare lassù, devi fiancheggiare la spiaggia PortoCampana, la lingua della spiaggia di Su Giudeu e Cala Cipolla. Poi è semplice, si sale. Seguendo la linea delle rocce, come seguire le vertebre della schiena di una donna.
Follow your passion, dice lo slogan della manifestazione. La prima del circuito di corse che toccherà le vette del Monte Bianco, il lungomare di Bari, l’autodromo di Monza, l’asfalto di Milano.
Segui la tua passione.
Ecco, semplice.
Come l’ingresso nel mare dei triatleti, che li ingoia tutti dietro al loro dio Daniel Fontana, che la cronaca vuole essere il primo italiano ad aver vinto un Ironman, ma a lui sembra importargliene poco e continua a nuotare, pedalare e correre come fosse la stessa voglia degli inizi a spingerlo, anche se i suoi anni sono i chilometri della Maratona.
È la prima volta che tocco il mondo del Triathlon, mi ha colpito, ne ho scritto. Non so se farò mai un Triathlon, so che ne scriverò ancora.
E poi tocca a noi.
Nell’unico giorno di estate anticipata della settimana. La mezza Maratona che segue un Triathlon, formula mezzo Ironman, deve per forza essere tosta, tecnica, deve colpire. Espressioni che sintetizzano una certezza: si farà fatica. Inevitabile, giusto che sia così. Quello che la passione pretende è la sfida. Siamo qui per seguirla.
Lo sparo del via fende i raggi del sole e fa entrare il caldo sull’asfalto, in direzione Domus de Maria. I primi 8 chilometri sono un dolce saliscendi costante, imperdibile, bello tra un borghetto in festa e lo stagno di Chia, dove i fenicotteri si preparano a diventare rosa.
Daniele Meucci è già lontano. Sta preparando gli Europei a Berlino, il 12 agosto, e Chia, dove nel 2013 ha fatto il record del percorso, sfida quello che era prima di vincere gli Europei nel 2014.
Dopo l’ottavo chilometro non sei tu che fai fatica, è la strada che si solleva, inesorabilmente.
Si modifica lei e ti modifica il passo, l’angolatura delle ginocchia, la postura del dorso ed il respiro. Ti scava dentro e varia il ritmo del cuore e dei pensieri. La strada sopra Tuaredda ti porta dove vedi il mare in salita e i fenicotteri ti volano davvero accanto.
Questa è una delle emozioni più grandi che mi abbia dato la corsa. Due fenicotteri che disegnano l’orizzonte, tra mare e cielo, e per un istante planiamo alla stessa velocità.
Poi la strada scende, brutale come è salita. Fa una capriola su se stessa, ti rispinge a salire, su, contro il caldo che ti attira a sé, contro la strada che se ne frega della fatica.
La tua fatica ti sta portando a correre in uno dei luoghi più intensi che esistano, dove la Natura ti corre incontro.
Di nuovo la cima, un’altra discesa. Sembra una corsa ciclistica più che una mezza Maratona. E se ne hai ancora, se vuoi sfidare il tuo limite, se credi che le sfide facciano parte della tua natura, puoi accelerare.
Il vento, questa volta, un po’ ti aiuta. Solo un po’. A metà tra il seduttore e l’alleato.
C’è qualcosa di magico nel vento della Sardegna del Sud, qualcosa di energico passa di qui, fa il giro, ti sfiora, ti sfida, ti sputa in faccia il sudore, ti asciuga la fatica, ti tiene in piedi se barcolli, ti fa sbandare se ti senti sicuro.
Questo è un labirinto di emozioni, queste sono le gare di Chia.
Un giorno, anche se non siamo Daniel Fontana o Daniele Meucci, ci distenderemo su una spiaggia, magari come questa di sabbia e rocce, e sapremo di aver dato tutto, persino oltre noi stessi, verso qualcosa di nuovo.
E questo non ce lo toglierà nessuno.
Nemmeno il vento della Sardegna del Sud.
Alberto
#4piedi