Avete presente quei momenti in cui ogni pensiero decide di prendersi una pausa dalla nostra quotidianità? Una tregua, un time out, una sospensione dai giochi.
Tu decidi solo di svegliarti presto anche se è domenica, di allacciarti in silenzio le scarpe per non svegliare nessuno e di raggiungere la partenza di una corsa.
Poi ci pensano i piedi.
Ci si aspetta tra compagni di squadra, il termometro della macchina segna 4 gradi sotto lo zero. In questa stagione la campagna prende la rincorsa verso la primavera futura. La brina è ovunque sopra ai campi: uno strato di burro spalmato lentamente sulle fette biscottate di grano duro. A Rustignè, a metà tra mare e montagne, non si bada al sottile: una linea di gesso sull’asfalto segna l’inizio, lo speaker ha un megafono per graffiare l’aria con un pronti via, mentre qualcuno tossisce dentro lo scalda collo rosso crociato della Fuel To Run, sollevato sulla bocca.
Siamo in due e puntiamo al traguardo del percorso più lungo. Forse una mezza Maratona, forse saranno venti chilometri, forse qualche metro in meno. L’importante è andare. Specie con questo freddo che allarga spifferi tra le ossa.
Sofia ha già corso la mezza Maratona, a Jesolo e a Parigi. Quella in Francia le è piaciuta tanto e tra un paio di mesi la correrà ancora. Decidiamo un ritmo, un’ipotesi di velocità, ma quasi subito i piani cambiano in corsa, perché scaldarsi non è solo un’esigenza tecnica, è che battiamo proprio i denti dal freddo. Dove si può correre in due lo si può fare anche in quattro e si affiancano Riccardo il Giovane e Alberto (“Bel nome”), che vuole vivere fino a cento anni ed è ad un quarto dell’impresa. La mattina si fa giorno e il tè caldo diventa tiepido mentre viene versato nei bicchiere di plastica dei ristori. Riccardo e Alberto non hanno mai corso così a lungo, oggi ci provano. E si impegnano, tanto. Si adeguano al passo mio e di Sofia: ora rallentiamo, ora acceleriamo. Chiacchieriamo.
Finché riesci a parlare di fiato ne hai e sentire raccontare qualche storia fa bene alla mente.
La campagna veneta diventa una steppa senza punti di riferimento per l’occhio, con il termometro sotto lo zero e le persone sotto le coperte.
Poi al chilometro 17, quanto l’arrivo sembra già vicino, la stanchezza arpiona i muscoli. Apnea.
Sofia è rossa in viso, Riccardo ha il fiatone e Alberto stringe i denti.
La strada è piana, come la coda della stella cometa, eppure cerca di respingerci indietro quasi fosse in salita, con il vento che soffia un po’ e ci getta in faccia l’inverno. Nessuno parla più e ascolto i loro respiri che cercano conferme dalla strada. Adesso lo scopo è arrivare con il sorriso, nonostante i dolori e quello che sarà quando i muscoli si raffredderanno. Ho presente cosa stanno provando i miei compagni di viaggio. Lo so molto bene, ed inizio a battere la mani.
Accadono quei momenti in cui incontri la forma esteriore della passione, quella che ti fa sentire come stai bruciando dentro e quanta voglia hai di cambiare ed andare verso al nuovo, di impiegare il tempo nel miglior modo possibile, di non accontentarti di ciò che c’è. E la passione ci fa dare tutto quello che abbiamo ancora, perché sappiamo che c’è un senso in questa corsa nell’infinito gelo attorno. Non senti più il freddo, non senti più il fiato che fatica a raggiungere la luce. La passione non ti fa venir voglia di prendere una scorciatoia, ti fa piuttosto restare nel momento in cui vivi, ti fa dire che è difficilissima questa strada, che la fine non si vede, ma tu resterai fino alla fine dentro ai tuoi passi e non ti devi preoccupare, perché sarà sempre la passione a dirti quanta energia e tempo sei disposto a dare per andare semplicemente avanti di un altro passo e poi subito ricominciare.
Questo è ciò che ci dice la passione ora, mentre ci prendiamo per mano.
E questo traguardo, che adesso guardiamo negli occhi, nessuno ce lo toglierà più.
Siamo quelli che continuano, quelli che la passione ha fatto restare sulla strada.
Avete presente? Ecco, uno di quei momenti.
Alberto
(@per4piedi)