TransKamchatka: Domani continua a pensarmi.

Esistono ancora luoghi nel mondo dove non sembra esserci testimonianza del passaggio di un essere umano. Non una fotografia, una pagina di diario, un appunto scritto a matita su di un angolo di carta. Lì la Natura continua a scrivere storie di Vita pura. Se ci immaginiamo la Kamchatka come la mappa dei giochi da bambini, troviamo alcune zone dove la memoria umana non ha attecchito, o quasi.

Se hai scelto il rischio di attraversare questi confini, soprattutto, devi avvolgerti di umiltà. Procedere un passo lento alla volta, anche se sei un triatleta, un corridore da distanze cariche di leggenda, che, di solito, domina le forze della Natura misurandole e sfidandole con la dimensione del tempo.

Questa volta è tutto il contrario.

La Kamchatka assume la forma del passo Oganci. Un canalone verticale che si nutre delle tue energie senza andare per il sottile. Roccia non abituata all’uomo, indifferente al suo destino. Stefano e Ray l’hanno affrontata con ramponi e piccozza, e le slitte dietro, a tirarli di sotto, verso il basso. È sorprendente la somiglianza tra l’Oganci e alcuni scorci alpini, riempiti da montagna aspra, senza vegetazione.

Ti si insinua dentro la voglia di essere a casa ad ogni passo, ma è inutile pensare a domani, quando dai battaglia a ciò che hai attorno.

E ancora la mente ti parla. Quanti giorni buttiamo della nostra vita normale, presi da mille ore passate al telefono, o nel traffico, tra una riunione e l’altra, moltiplicati da connessioni sempre più veloci, senza dedicare attenzione a quello che ci circonda, a chi c’è davvero con noi?

Ecco che pensi agli occhi di chi è a casa, sapevi sarebbe accaduto. In Kamchatka, le esigenze vitali sono quelle scontate nella vita quotidiana: un riparo dal vento e dal freddo, dell’acqua calda. Un po’ di cibo. Peccato davvero per quella settimana persa rispetto ai piani, con le scorte alimentari da gestire ora.

E poi c’è questa temperatura che non stai capendo. Di notte scende tanto che ti fa svegliare, e poi sale: meno 6 gradi è troppo poco per far ghiacciare i corsi d’acqua e gli ultimi cento chilometri iniziano al di là di un fiume, che non sai come attraverserai, se non sarà ghiacciato.

Stefano e Ray fanno un pasto al giorno, dopo otto ore sugli sci. Poi la ritualità del campo base mobile: smontare e rimontare la tenda, allestirla, raccogliere la legna, accorgersi di essere ancora vivi. Più in forza che mai. Quanto tempo perso in mille cose nella vita normale. Ecco a cosa, forse, servono queste esplorazioni. Ad imparare il valore del Quotidiano, con la Q, come Qualità. Senza addormentarsi, appiattirsi, spegnersi nello scorrere del tempo.

Forse il quotidiano dovrebbe avere la forma ed il ritmo della Kamchatka. Senza distrazioni, se non quelle che portano a chi ti aspetta e ti vuole bene.

Nel frattempo, avanza, se puoi.

 

Alberto Rosa

#4piedi

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