Contro Madre Natura nemmeno i supereroi possono qualcosa.
A 100 chilometri in linea d’aria dalla costa est della Kamchakta, Stefano Gregoretti e Ray Zahab hanno dovuto decidere di fermare le loro slitte e rinunciare a proseguire la TransKamchatka.
Dopo 19 giorni dall’inizio dell’esplorazione, il fiume Zhupanova, a nord est di Petropavlovsk capitale della regione, ha rappresentato il limite invalicabile dell’avventura.
Anche in uno dei territori più freddi del globo, le temperature quest’anno risultano troppo alte per consentire ai fiumi di andare in letargo e ghiacciare per l’inverno. E questo è un elemento che si aggiungerà di certo al dibattito mondiale sulla salute del pianeta Terra.
Dai dati raccolti in previsione della spedizione, febbraio e marzo erano i mesi più freddi dall’anno, ideali quindi per utilizzare i fiumi come via preferenziale di avanzamento. Invece, il termometro segna meno 6, contro la prevista media stagionale nell’estrema penisola russa sotto i meno 20.
Per questo motivo, il ghiaccio sulla superficie del fiume Zhupanova è una pellicola troppo sottile per consentirne l’attraversamento a piedi, come era nei piani di Stefano e Ray. Ci vorrebbe una barca capace di sostenere il peso dell’equipaggiamento, ma non ce ne sono: in questo periodo dell’anno lì non servirebbero. E così l’avventura termina prima della sua conclusione naturale.
Stefano guarda la sera che si impossessa della Kamchatka al caldo di un autobus che lo sta riportando in direzione Petropavlovsk. “Figurati che adesso ci sono zero gradi e piove ghiaccio, incredibile”, dice, ma non c’è amarezza nel tono di voce. Tutto il percorso compiuto fino al punto in cui è stato deciso lo stop ha confermato l’imprevedibilità dell’esplorazione. Più di 250 sono i chilometri totali compiuti, più altri 50 dovuti a quel curioso avanti ed indietro per aprire e battere la pista lungo il limitare del bosco e ritornare indietro a prendere le slitte. Senza i fiumi ghiacciati, la soluzione sostenibile è stata questa. “Le informazioni che puoi raccogliere, ad esempio tramite Google Earth, sono molto sommarie – prosegue Gregoretti, nel brusio del telefono satellitare – Hai un’idea del 10% di quello che ti aspetta, non hai lo sguardo diretto sul territorio. Siamo saliti in alto, sulle colline, tante volte, cercando di capire quale fosse la traiettoria migliore.”. Seguire un filo di seta invisibile in mezzo al bianco è un’immagine romantica. Però il filo si è spezzato contro un terreno senza base solida. “C’è stato un momento che credo ricorderò per sempre. Ci stavamo dirigendo verso il passo Ogangi e abbiamo avvertito un’eco, meccanico, sempre più vicino, sempre più nitido. Questo rombo che spuntava dopo 15 giorni di silenzio ci ha sorpreso, fino a disorientarci. Erano tre cacciatori: ci avevano visti da lontano e ci stavano raggiungendo, a bordo delle motoslitte che usano in questa stagione. Ci siamo intesi a gesti, perché non parlavano inglese, e ci hanno offerto di aprirci la strada verso il passo. In quel momento abbiamo accettato che la spedizione non fosse più in modalità non assistita. E’ un aspetto filosofico importante questo. Qualunque aiuto, anche se ricevuto per la gentilezza dei tre sconosciuti, toglieva uno degli aspetti fondamentali di questo genere di esplorazione. Poi la sera, i tre cacciatori sono arrivati dove ci eravamo accampati e ci hanno detto che nemmeno loro, con le motoslitte, riescono ad attraversare il fiume. Non c’è collegamento tra le due sponde. Abbiamo contattato con il telefono satellitare il nostro team logistico, cercando informazioni tra quelle 5 – 6 persone che frequentano in questo periodo la zona dello Zhupanova, sono guide o altri cacciatori, e ci hanno detto che è impossibile passare quest’anno, troppo caldo. Il fiume, poi, scava un canyon pericolosissimo: in queste settimane ha nevicato tanto, adesso c’è un rischio slavine di grado cinque e noi siamo già stati esposti a slavine in questi giorni. Sarebbe stato andare davvero oltre. Io e Ray ci siamo parlati e abbiamo deciso di fermarci. E’ anche una questione di responsabilità, ad un certo punto.”.
Il ritorno in Italia di Stefano Gregoretti è previsto per martedì.
Alberto Rosa
#4piedi
Solo i veri “grandi” sanno saggiamente quando è il momento di rinunciare.