Dentro questo chiaro di luna.

Non è un mistero che io abbia un rapporto di amore ed odio con il percorso della Moonlight Half Marathon di Jesolo.

Tutta colpa dell’umidità. Le zanzare, invece, non mi danno noia.

La festa prima, dopo e durante la corsa è una delle migliori che si possano trovare in giro. Ed è questa cura che mi fa ritornare ancora a Jesolo ogni anno.

E poi c’era un obiettivo, quella della mia squadra, la Fuel to Run: pensato, preparato, condiviso ogni martedì e giovedì sera, più le corse nei fine settimana, lungo tutto l’inverno, stagione strana quest’anno, terminata il giorno della corsa, a maggio. Mannaggia.

Arrivare con il sorriso, ognuno con il suo passo, ognuno con il suo stile, questo l’obiettivo.

Godersi la Natura attorno al mare che si trasforma dal tramonto al chiaro di luna, con l’andare e venire delle onde, che lima fatica e sudore negli ultimi chilometri.

Tra qualche settimana qui ci sarà l’affollamento dell’estate della riviera adriatica. Adesso, dopo aver incontrato Martina che mi ha detto: “Tu non ti fermi e corri con me”, penso che, anche ques’anno, Jesolo mi stia chiedendo tanto e tanto mi insegni.

Correvo leggero, testa e gambe fluide. Qualcuno mi aveva scritto “Ti auguro davvero di rompere la maledizione di Jesolo” e io correvo per questo.

Poi mi assale una fame, stile ciclista sulla Cima Coppi.

E finisce la benzina. Un istante prima sei a tutta, un istante dopo ti danno fastidio persino i capelli sulle orecchie. E così, dal km 15 al 18, proprio numeri da guerra, a quanto sembra.

Avevo due scelte: forzare oppure accettare.

L’istinto mi ha suggerito di cercare un baretto. E non scherzo. Un chioschetto, un’umana forma di ristorazione lungo il flusso della corsa. Mi è tornata in mente l’immagine di Riccardo che, a metà gara, ha accelerato il ritmo man mano che faceva uscire dalla bustina il gel del pacco gara. E si allontanava. “Non è la pubblicità della Red Bull”, gli ho urlato. Beata gioventù. Adesso ripensandoci me la rido.

Ridere era la soluzione più logica. Più alla mia portata. E, in quell’istante, ho capito che sfatare la maledizione sotto il chiaro di luna, nel frattempo davvero comparso in cielo, significava arrivare al traguardo con il sorriso, cosa che nelle precedenti edizioni non mi era successa.

Chissà gli altri miei compagni cosa stavano facendo.

“Tu non ti fermi e corri con me”, mi ha ripetuto Martina e allora via. La forza all’improvviso di nuovo è rinata, assieme alla lucidità della mente. Martina ha nello sguardo l’entusiasmo di chi sta correndo la sua prima mezza Maratona e il sogno è sempre più vicino. Prima del via mi ha detto di non essere mai andata oltre i 18 km. Guardo l’orologio e le dico: “Sei maggiorenne da 500 metri” e scoppiamo a ridere. Superiamo tutti quanti.

Sorpassiamo come fossimo appena partiti noi e gli altri fossero in vista della fine del Passatore, che si sta svolgendo da un’altra parte in Italia, sotto lo stesso cielo.

Gli ultimi chilometri della Moonlight a me ricordano un tracciato della Formula 1 in notturna.

Una serie di curve a forma di esse ci conduce fuori dal lungo mare. Teniamo la traiettoria più interna e acceleriamo in uscita di curva. Lunga svolta a sinistra, un po’ di vento in faccia. Altra svolta a destra e la folla inizia a farsi più fitta ed urla. Giù in fondo, la voce dello speaker, i neon sempre più dentro agli occhi. Una sfera luminosa oltre il traguardo. Quattro passi, tre, due, uno. Come l’onda sulla medaglia, eternamente in fuga, sempre con lo sguardo in avanti.

Ed ecco i compagni di viaggio. Riccardo seduto a terra al caldo sotto un asciugamano da spiaggia. Gli occhi in un altro mondo, ma non ha mollato mai. Luca con i capelli bagnati stile doccia. Silvia e Alex, contenti dei dieci chilometri al tramonto, ed un progetto di prima o seconda mezza che si sta facendo strada. Altri compagni sparsi per la festa che sta iniziando attorno.

E poi c’è il Poz, l’unico di noi che correva con un occhio al cronometro: si è persino fatto la barba a filo per essere più aerodinamico. Correva dietro ad un tempo che io posso solamente raccontare. È soddisfatto, allegro, “Ce l’hai fatta?”.

“Alla grande, però mi rode, guarda qua”. Vedo che il crono segna 3 secondi in più di un’ora e 25 minuti. Insegui qualcosa per tre anni e non la raggiungi come vuoi per 3 secondi.

Dopo una doccia fatta con l’acqua delle bottigliette perché la fame pretende questo (è una delle prime cose che la corsa ti insegna) siamo seduti a tavola e io maledico l’oste che ci mette un sacco a portarmi la mia spaghettata di vongole.

Iniziano ad arrivare le mail con i risultati ufficiali. Poz alza il bicchiere e gli occhi diventano lucidi, sembra persino più giovane. Il real time dice che il tempo che inseguiva è arrivato al traguardo dopo di lui.

Ce l’ha fatta!

Questa sera abbiamo vinto tutti, perché tutti stiamo ridendo, ognuno con il suo passo, ognuno con il suo stile. Dentro a questo chiaro di luna.

Moonlight, al prossimo anno?

Ciao,

Alberto

#4piedi

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Xplesso ha detto:

    Ciao Alberto!
    Complimenti per la tua gara e quella dei tuoi compagni. Grazie per il racconto, non ho mai partecipato alla Moonlight (sto ricominciando a correre ora dopo un lungo stop) e leggendo queste tue righe credo proprio che prima o poi le correrò anch’io!

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