La sera prima dell’inizio di un viaggio, il corpo e la testa sembrano già in cammino e attendono che l’alba colori il cielo per dire a voce alta, Ci siamo davvero.
E’ il Giorno Zero.
Stefano Gregoretti e Ray Zahab lo stanno vivendo in volo, tra i cieli del Canada e della Russia. Toronto li ha salutati con una tempesta di neve fitta da togliere la visuale, e con il lago Ontario, grande poco più dell’Emilia Romagna, ghiacciato come da Riccione a Fidenza. L’hotel Kamchatka li ospiterà per 30 giorni, con gli sci ai piedi lungo più di 500 chilometri di penisola, in auto sufficienza completa, a temperature mai sopra i 20 gradi sotto lo zero. E’ complicato da immaginare, se non andando con il pensiero alle leggende degli esploratori terrestri, storie che sembravano non poter trovare più spazio in un mondo tutto mappato e geo localizzato, minuto per minuto. Almeno in apparenza.
E invece, Stefano, ci sono tratti di Kamchatka ancora inesplorati?
“Il problema sarà soprattutto nella seconda parte della spedizione, poiché non ci sono dati e cercheremo di capire, insieme con gli abitanti del paesino che Ray ed io incontreremo, quale sia la via migliore per proseguire. Dobbiamo individuare quello che sarà il nostro “passaggio a Nord Ovest”. Anche utilizzando le mappe satellitari, ad esempio tramite Google Earth, non si riesce a comprendere bene la conformazione del territorio e noi cerchiamo di evitare discese o salite impossibili, considerando che abbiamo le slitte da trainare.”
Quale ti aspetti sarà il punto più complicato?
“Gli ultimi 90 chilometri. Non sappiamo come sia il fondo: in Kamchatka ci sono 160 vulcani e se lì dovessimo incontrare rocce vulcaniche, residuo di vecchie colate laviche, sarà impossibile passarci sopra, ma dal satellite non si riescono a vedere le condizioni e le informazioni ambientali sono quasi nulle. Poi, la cosa che mi preoccupa di più è trovare troppa neve in quota, in corrispondenza dei passi di montagna, e che non sia possibile attraversarli. Però non faccio tanti programmi, vediamo un passo alla volta quello che succede.”
Sarete voi la mappa?
“Eh sì, inevitabilmente le mappe sono generiche, non riportano nomi o altimetrie puntuali. Insomma, al momento abbiamo tracciato quella che sembra la rotta teorica più logica per riuscire a completare la TransKamchatka, ma finché non ci arriviamo con i piedi sopra, non si sa come sia il percorso. Anche perché il percorso sarà quello che creiamo noi. Ci infileremo nel bosco che incontreremo, con la neve fresca fino al ginocchio. In alcuni punti si va bene, ad esempio quando il fiume è ghiacciato, con la neve spazzata via dal vento in arrivo dall’Artico, che rende il ghiaccio trasparente e levigato. Se invece c’è la neve sopra, sarà come camminare al parco, tirando gli ottanta chili della slitta e facendo breccia tra due muretti di neve. Non c’è la strada segnata, ma la rotta va fatta. Del resto, è esplorazione.”
Cosa porti della tua esperienza di triatleta e di ultratrailer in questa avventura?
“Sicuramente la pazienza. Nei percorsi di durata è il tassello che fa la differenza. E la pazienza aiuta anche in queste ore di trasferimento dal Canada alla spiaggia da cui partiremo. Non è ancora iniziata la parte bella ed aspettare i voli, ingannare l’attesa, logora.”
A cosa pensi in questo Giorno Zero?
“La cosa migliore che possiamo fare quando partiremo è staccare la testa. Addio a tutti i problemi. Mettere solo un piede dopo l’altro, sciogliere il ghiaccio per bene, trovare un posto dove dormire un po’. Torniamo alle origini dell’uomo.”
Quale sarà l’ultima cosa che farai prima di iniziare il cammino con gli sci?
“Non ho rituali. Magari un bel caffè e poi un passo dopo l’altro. Keep it simple, facciamola semplice, come dicono in Canada.”
Alberto Rosa
@per4piedi