10 chilometri e 500 metri sono un quarto di Maratona. Per arrivare alla fine della Maratona, quindi, superare il primo quarto è fondamentale.
Rileggete l’ultima frase: lo so che è ovvio quello che ho scritto, ma prima fatelo, poi ditemi che scrivo cose ovvie.
Dopo l’infortunio di giugno, non ero mai andato oltre gli 8 chilometri: fiato e muscoli mi dicevano:”Vai forte“. Il cervello:”Vai forse“.
Ieri sera mi sentivo bene, semplicemente e, dopo alcuni giorni pieni di piombo nell’anima, ho pensato che avevo il diritto di pensare un po’ a me e di provarci.
Ho fissato l’obiettivo in testa, l’ho detto a Runtastic, ho acceso nelle orecchie Bob Dylan. E ho preso il via. Per un’ora ho solo ascoltato le sensazioni di fiato, muscoli, piedi e cuore e quando ho superato i 10 km e mezzo, lo confesso, mi sono commosso. Ho guardato l’orologio: qualche manciata più di sessanta minuti. Forse, vado forte.
Avevo una sete maledetta e mi sono attaccato ad una fontanella. Poi ho camminato con i piedi nudi nell’erba, con le scarpe in mano. E ho pensato alla corsa appena conclusa e mi sono accorto che stavo ricordando ogni istante del mio primo quarto di Maratona.
Scorreva tutto come in un film…
Ho pensato alla mamma che spingeva il passeggino con dentro un bimbo che sbirciava il mondo lì fuori, quei due ragazzi che si sono baciati per la durata di un mio intero giro lungo di parco, la telefonata con Valentina, la moglie di Andrea, che mi chiedeva se stessi correndo (ma come hai risposto?), ho pensato a Mister Tamburine Man di Bob Dylan che mi ha fatto passare la fame verso il settimo chilometro, all’odore di estate timida, all’odore di pioggia che stava per scendere, all’odore di marijuana tra i cespugli, all’odore di menta accanto al chiosco. Ho pensato ai suoi occhi, che a volte non capisco, ma che mi riempiono di vita quando scoppiano all’improvviso in un sorriso, ho pensato al mare che quest’estate non vedrò più, alla montagna che ho iniziato ad apprezzare di nuovo.
Ho pensato che voglio farmi un regalo, che è stato un anno intenso, nel bene e nel male. Ho pensato a quel ragazzo che correva in senso contrario con la bandana che mi ha salutato come se ci conoscessimo da una vita e al gruppo di turisti orientali che mi è apparso davanti dopo una curva e mi ha fatto rallentare di colpo. Ho pensato all’uomo con il bastone bianco che camminava sereno senza timore del suo prossimo passo che metteva a terra. Ho pensato alla fatica che stavo facendo e che metro dopo metro non sembrava la mia. Ho pensato che mi sentivo bene, in armonia.
Già, in armonia.
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Qual è il vostro ricordo dopo aver corso per la prima volta un quarto di Maratona?
Ciao,
Alberto (@per4piedi)
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